Si è appena svolto all’Università di Pisa (20-21 settembre 2017) un incontro pubblico tra neuroscienziati e il Dalai Lama sul tema della coscienza, per un confronto tra le posizioni degli addetti ai lavori da entrambe le parti.
REPORT
Non si può considerare unanimamente condivisa la questione se nasce prima l’uovo o la gallina. Cioè, per quanto riguarda la coscienza, se essa emerga dal funzionamento neuronale o se il funzionamento neuronale sia da essa determinato. I neuroscienziati presenti fanno parte di quelli che sono per la seconda posizione, poiché considerano la coscienza un costituente fondamentale dell’esistente, prima ancora del MEST (Materia-Energia-Spazio-Tempo). La qualcosa, tuttavia, è ancora una teorizzazione iniziale, poiché nessuno di essi è ancora bravo a cogliere direttamente questo fenomeno in meditazione. Tutti i neuroscienziati –come ha detto uno di essi- dovrebbero seriamente cominciare a meditare.
Ciò che si considera ormai assodato è l’importanza della funzione dei microtubuli cellulari e gli eventi quantici che in essi si manifestano (per una cornice della questione, vedi: www.dottcirodarpa.it/accademia, nelle note di ricerca). Ma solo una minoranza fra i neuroscienziati in circolazione ha fatto il salto di paradigma, sposando il postulato della Mente Quantica.
In ogni caso, comincia a divenire sempre più chiaro che una parte della coscienza “non è algoritmizzabile”; che possa essere studiata al meglio solo introducendo metodi anche in prima persona (soggettivi) e non soltanto in terza persona (oggettivi). Va anche prendendo forma la possibilità di considerare la mente un continuum in cui la coscienza incarnata costantemente si muove; e che la coscienza sia “non-locale” (cioè interessa più piani e livelli, anche trascendendo tempo e spazio).
Si tratta di assunti Tradizionali che la Scienza moderna comincia a riconoscere ed integrare. Non è poco. Il cambio di paradigma in Neuroscienze è in corso. Ma –sia detto per inciso- esso non interessa ancora direttamente la Medicina corrente e soltanto marginalmente la Psichiatria e la Anestesiologia/Rianimazione.
Adesso, però, piuttosto che entrare in trattazioni per addetti ai lavori, vorrei prendere alcune delle evidenze prodotte dal seminario ed esplicitarne aspetti pratici che possano essere capiti e sperimentati per esperienza diretta. In modo che ognuno di noi possa, per così dire, verificarne la validità per via introspettiva.
UN QUADRO GENERALE
Ogni essere esistente è cosciente (tecnicamente, esso si designa come CU, “Unità Cosciente”), al livello di realtà che la sua coscienza può partecipare. Egli è per prima cosa cosciente di sentire (“essere senziente”), in quanto fa esperienza della sua realtà. Ciò non vuol dire che egli la capisca, cioè che sappia integrare al suo interno ed utilizzare questa sua esperienza per migliorare il suo adattamento all’ambiente e l’espressione della sua finalità. Ma intanto, ad un livello basilare, egli fa continuamente esperienza cosciente con il suo corpo.
Dentro il suo corpo (specificatamente attraverso le funzioni microtubulari delle sue cellule, nell’insieme designate come “Quantum Cytoskeleton Nanowire Network” ) il suo continuum di esperienza senziente si organizza in fenomeni coerenti (che corrispondono a scariche di popolazioni neuronali, in pacchetti di circa 10.000 neuroni in concordanza di fase, circa ogni 25 millisecondi) che emergono ad un grado superiore di evidenza che la sua coscienza integra a tale livello superiore, attraverso la generazione di immagini, pensieri, atti, riflessi, comportamenti, ecc.
Questa attività è continua nella veglia, nel sogno, e si svolge anche inconsciamente nel sonno profondo, negli stati meditativi o di coscienza alterata: costantemente la coscienza organizza il vissuto del corpo in modi adattivi all’ambiente ed alla sua finalità.
In che modo la coscienza individuale organizza i dati di coscienza semplici? Negli organismi superiori, lo fa organizzandoli tramite il Sistema Nervoso e generando appunto immagini, idee, sentimenti, comportamenti, ecc. In tal modo, ogni Unità Cosciente, CREA un suo proprio mondo individuale di significato che serve a regolare e dirigere tutti i suoi funzionamenti fisici e mentali. Ecco, pertanto, che ogni Unità Cosciente organizza la sua vita biologica in un campo di coscienza specifico (da cui la sua unicità come individuo), che gli serve a vivere il mondo nel modo più adatto a lui ed alle sue condizioni.
Riferendoci particolarmente all’uomo –cosa che qui ci interessa-, egli (cioè ognuno di noi) è attraverso questa interfaccia che percepisce il mondo. E –cosa che ancor più ci interessa- lo percepisce in accordo a questa sua privata interfaccia. Il che è come dire che ogni nostra percezione è una percezione condizionata dalla nostra coscienza individuale. Letteralmente, ognuno di noi si costruisce le sue percezioni.
Tutte queste nostre visioni private del mondo, interagendo tra loro, danno luogo al mondo condiviso come tutti poi ce lo raffiguriamo e crediamo essere reale. In verità, nessuno di noi percepisce la realtà del mondo, essa ci è velata appunto dall’interfaccia personale della nostra coscienza individuale che proiettiamo sul mondo. È stato dimostrato che questo è un meccanismo adattivo fondamentale per ogni essere vivente e l’uomo, che sembra averlo in modo maggiore di tutti gli esseri, risulta in effetti la specie animale più adattiva che esista. [La conoscenza della realtà per quella che è, senza la capacità di sviluppare un’interfaccia che la adatti a noi stessi, porta una specie all’estinzione. Questo è verosimilmente quello che è capitato al nostro “cugino di specie” l’Homo Neanderthalensis che, sviluppatosi neurologicamente contemporaneamente all’Homo Sapiens Sapiens, si è tuttavia estinto in breve, nello stesso tempo in cui la nostra specie ha invece trovato l’adattamento giusto per popolare e padroneggiare tutti i continenti del mondo.]
A livello della nostra vita corrente, pertanto, così viviamo ed interagiamo con gli altri uomini e con tutti gli altri esseri, cose ed eventi.
Concludendo. Ognuno di noi è un essere cosciente, che riconosce sè stesso come sé stesso, e percepisce il mondo in modo unico. Sembrerebbe che il suo fine (il fine di ognuno di noi) sia appunto quello di conoscere sé stesso sempre più profondamente, percepire e superare le distorsioni personali che gli impediscono di connettersi in modo perfetto con la realtà, e quindi realizzare la sua felicità e la migliore risonanza con l’ambiente. Dopo che ognuno di noi ha pulito un po’ della storia personale, può cominciare a capire meglio la realtà per quella che è. E più capisce la realtà, più può unificare la sua Natura essenziale con essa.
Qui faccio uno STOP. Questo quadro così delineato in termini neuroscientifici e, parimenti, in accordo con i dati Tradizionali, merita di essere contemplato, capito e sottoposto alla nostra verifica introspettiva.
Si tratta di un quadro concettuale generico, ma che ha già una sua forma. Se fosse un vestito, direi che è già indossabile. E ognuno di noi può cercare, se vuole, di provare a indossarlo per vedere se gli sta bene, se si accorda con la sua esperienza. A rifinirlo sulla sua misura, anzi, in modo che corrisponda alla sua personale percezione della realtà. E, da lì, iniziare ad arricchirlo con altri particolari.
Ma, di questo, parleremo dopo.